martedì 28 settembre 2010

Il valore Etico ed (ora) Economico del Volontariato




Il “Terzo Settore” è candidato ad assumere un ruolo fondamentale nelle future dinamiche economiche e sociali del nostro Paese. 

Infatti, è da tale Settore che dovrebbe arrivare un forte impulso alla ripresa economica, come anche è percepibile dall’attenzione che recenti interventi normativi hanno dato a tale materia.

Le associazioni o fondazioni regolate dalla disciplina delle Onlus (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), operano in svariati campi (dal sociale al civile, dall’assistenza all’istruzione, dalla sanità alla ricerca scientifica, dalla cultura allo sviluppo economico) ed hanno, dal punto di vista normativo, il divieto di distribuire i profitti delle loro attività ai soci. Cioè il loro scopo non è quello di produrre utile per remunerare il capitale investito in tali attività, bensì è quello di favorire gli obiettivi Statutari che sono di carattere prevalentemente sociale.

Per cui il principale nodo da affrontare per il raggiungimento degli obiettivi sociali è quello di reperire fondi (fund raising) per gestire tutte le attività previste dallo Statuto.
Le principali necessità di tali associazioni, come ovvio, sono le risorse umane e le risorse finanziarie. Infatti, se è vero che il fenomeno del volontariato è in continua crescita nei diversi settori, è anche vero che per determinati tipi di attività sono necessarie risorse finanziare sia per l’acquisto di attrezzature indispensabili, sia per ristorare almeno delle spese sostenute (laddove ve ne siano di vive da sostenere) i volontari impegnati in queste attività.

Atteso che è ormai necessaria una riforma organica della normativa in materia, vi è stato un recente intervento contenuto nella Direttiva annuale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (criterio tra l’altro già adottato da anni nei bandi per il volontariato della Lombardia) che concede alle organizzazioni una possibilità in più di accedere ai fondi pubblici di finanziamento alle attività sociali (ricordiamo che il provvedimento quest’anno assegna 2 milioni e 300.000 Euro).

In pratica, nella quota di cofinanziamento richiesta a carico delle associazioni per accedere ai fondi pubblici, sarà possibile conteggiare entro il limite del 10% il tempo dedicato dai volontari nella realizzazione dei progetti presentati. Questo vuol dire che per le attività prestate dai volontari a titolo gratuito a favore dei progetti, è possibile conteggiare un valore figurativo pari al 10% dei massimi delle tariffe (il tabellare delle cooperative sociali per le attività ordinarie e le tariffe specifiche del settore di appartenenza per le attività altamente qualificate). 

Questo è importante in quanto molte associazioni hanno avuto fin’ora difficoltà ad accedere ai finanziamenti statali perchè non avevano i fondi necessari per la loro quota di cofinanziamento.

Oltre a questo vi sono anche altri recenti interventi. Ad esempio quello sul microcredito consentirà alle associazioni di intervenire per finanziare a condizioni “sociali”, soggetti in difficoltà e dunque “non bancabili” con un accompagnamento attraverso “servizi ausiliari” per favorire il raggiungimento della loro “inclusione”.

Quello che però sarà necessario, per non lasciare la disciplina del settore in una marea di interventi sparsi è, come si chiede da più parti, la definizione di una riforma strutturale che vada da un lato a definire ed ampliare il campo d’azione delle associazioni (con gli opportuni strumenti al fine di evitare di superare il confine che porta nel campo commerciale) e dall’altro a definire un vero e proprio Codice dell’Impresa Sociale che fino ad ora è rimasta solo una figura introdotta nel nostro ordinamento, ma senza  le opportune basi per favorirne un sostanziale sviluppo.

giovedì 23 settembre 2010

La speranza e l’ottimismo: due sentimenti da non banalizzare!




Vi sono alcune capacità emotive che possono fare la differenza tra la vita che dobbiamo subire e la vita che vorremmo vivere.

La speranza, ad esempio, può essere quella dote emotiva che può portare gli individui a risultati differenti, anche se, dal punto di vista intellettivo, si hanno le stesse potenzialità.

Per speranza non dobbiamo intendere quel concetto popolare per il quale ci si affida a chissà quale Santo affinché ci aiuti a realizzare qualcosa o ad ottenere un risultato.
Per speranza dobbiamo intendere la capacità di convincersi di avere la volontà ed i mezzi per raggiungere quello che vogliamo realizzare. Gli individui si differenziano nei risultati per il loro modo di sperare. Infatti, vi sono persone che contano di riuscire a risolvere i problemi con una motivazione radicata nella loro convinzione di avere le capacità ed le energie giuste per farlo. Sono convinti che troveranno la strada giusta pur dovendo provare più volte e facendo affidamento sulla loro flessibilità.

Chi invece non spera in maniera convinta è destinato a rinunciare in breve tempo in quanto si fa sopraffare da un’ansia improduttiva che non gli da la giusta spinta.

Strettamente legato alla speranza, di cui è anche motore, è l’ottimismo.
L’ottimismo è un termine inflazionato usato spesso in maniera propagandistica. Anche per l’ottimismo, dunque, bisogna cercarne il valore partendo da se stessi. Chi riesce ad essere ottimista, per carattere o perché si è motivato in tal senso, riesce a non crollare di fronte a situazioni difficili. Riesce a sopportare lo stress di un fallimento o di un incidente di percorso, in quanto spiega a se stesso l’evento come generato da qualcosa che poteva essere fatta diversamente. Quindi si convince che, modificando alcuni dettagli o un atteggiamento o un piano d’azione, può cambiare il risultato finale.

Al contrario il pessimista lega i fallimenti o gli incidenti di percorso a circostanze che sono fuori dalla sua portata, ad un disegno scritto nel suo destino e contro il quale lui non può fare niente.

Ci sono diversi studi che hanno mostrato che la speranza e l’ottimismo sono fattori predittivi del successo scolastico a parità di capacità verbali e logico-matematiche.

Da ciò emerge che, le capacità complessive di affrontare e superare gli ostacoli, non sono qualcosa di predeterminato, ma possono variare al variare della nostra forza emotiva.

Queste capacità, pur differenti da persona a persona, possono essere modificate e migliorate. Ogni volta che si sbaglia qualcosa o si fallisce un obiettivo, bisogna cercare le cause, isolarle e farne esperienza. Sia che si tratti di una nostra debolezza conoscitiva, sia che si tratti di un errore emotivo, la circostanza di averli identificati darà la possibilità di cambiarli.

Si innesca così un processo di apprendimento che si autoalimenta andando a rafforzare la nostra convinzione di avere il controllo della situazione e la capacità di affrontare le sfide.

In definitiva, se può essere vero che si nasce con una naturale tendenza verso l’ottimismo o verso il pessimismo, è anche vero che la tendenza al pessimismo può essere modificata e portata sulla strada dell’ottimismo attraverso l’esperienza!

domenica 19 settembre 2010

La nuova vita del vecchio cellulare




L’altro giorno, mentre cercavo un cacciavite in un cassetto, il mio sguardo si è posato su due vecchi cellulari che non utilizzo già da oltre due anni.

Apro spesso quel cassetto e mai il mio sguardo si era soffermato su quei due apparecchi ormai passati a miglior vita (almeno così pensavo), anche se, riflettendoci, quando li ho riposti erano ancora funzionanti. L’altro giorno, però, non so per quale istinto, mi venne di prenderli ed in quel momento mi sono posto una domanda. Cioè mi sono chiesto se, quei due apparecchi che non mi andava di buttare (non so per quale motivo), potessero invece avere un destino diverso.

Allora mi sono un po’ documentato ed ho scoperto un mondo, il quale, se non ti interessi in maniera attiva, come ho fatto io, potrebbe solo essere una cosa di cui hai sentito vagamente parlare.

Ho scoperto quanto segue.

Il cellulare è un apparecchio che consente due diverse possibilità di riciclo.

mercoledì 15 settembre 2010

Ansia Produttiva.




La settimana scorsa, sul Blog di un amico, si parlava di paura e di preoccupazione e di come tali stati d’animo potessero essere pericolosi per la loro capacità, se mal gestiti, di ingabbiare le nostre azioni o di renderle negative per noi stessi e per gli altri.

Voglio riprendere l’argomento per capire come, eventi che generano preoccupazione, possono in brevissimo tempo trasformarsi in ansia, con tutte le implicazioni emozionali annesse.

La preoccupazione ha il pregio di farci focalizzare l’attenzione su un problema e ci da la possibilità di affrontarlo dopo averlo isolato. La paura mette in moto il cervello e ci consente, partendo dall’ansia, di essere concentrati sulla minaccia al fine di trovare una soluzione positiva prima che tale minaccia si trasformi per noi in un evento negativo.

In molti casi purtroppo accade che tale attenzione si trasformi in un ciclo che non si interrompe con una soluzione. Ciò accade quando la concentrazione indotta dalla preoccupazione si focalizza e si ferma sulla minaccia piuttosto che cercare di trovarne un antidoto; anzi può generare altre preoccupazioni che a loro volta si autoalimentano. In questi casi si cade nelle trappole della fobia, delle ossessioni e degli attacchi di panico. In questi casi l’ansia è un’emozione Improduttiva in quanto sfugge ad ogni controllo.

Uscire dall’Ansia Improduttiva potrebbe non essere semplice e non serviranno a niente i consigli dati da chi ci sta vicino (“non c’è niente di cui preoccuparsi” “cerca di non pensarci” o “cerca di essere allegro”).

venerdì 10 settembre 2010

Dove vanno i mercati?


Voglio brevemente richiamare la vostra attenzione sulla situazione attuale dei mercati di borsa. 

Come più volte ho detto, non si devono fare previsioni di tipo “cartomantico”, ma bisogna concentrarsi sull’analisi combinata di elementi del mercato cercando di capire in quale direzione vuole andare e se è possibile seguirne il movimento. Quindi dobbiamo assecondarlo senza voler avere ragione su di lui. 

Prima di continuare con le mie osservazioni vi invito a leggere questi miei precedenti post sui cicli economici (parte prima - parte seconda). Potrete farvi un’idea di come si muovono i diversi mercati (azionario, tassi di interesse, materie prime) senza prendere tali correlazioni come una costante, ma considerarle come la base per le vostre analisi per rilevare anche eventuali divergenze o situazioni anomale che si possono verificare in determinati momenti di mercato. 

Gli elementi su cui voglio portare la vostra attenzione sono due: 1) incertezza degli indici del mercato azionario; 2) particolare momento delle quotazioni dell’oro.

mercoledì 8 settembre 2010

Investimenti ed emozioni: la psicologia del piccolo investitore.





Nel precedente post ho introdotto l’argomento dell’intelligenza emotiva che si affianca al quoziente intellettivo nel definire l’intelligenza complessiva di una persona.

Questo discorso mi serve per introdurre un concetto, quello della psicologia negli investimenti, che ha un peso significativo sulla bilancia della preparazione dell’investitore.

Alla lettura dei più esperti, che già da un po’ operano per conto proprio negli investimenti in borsa, tale argomento potrebbe sembrare scontato e ridondante rispetto a quanto già letto e sentito sull’argomento e di cui, almeno nelle intenzioni, si cerca di tenere conto.

Ritengo di parlarne (e lo farò anche in futuro) non solo per chi si sta avvicinando agli investimenti per la prima volta, ma anche perché i meccanismi emotivi e le particolari trappole psicologiche in cui si può cadere, prendono spesso il sopravvento anche nel piccolo investitore un po’ più esperto.

Come già ho evidenziato in un altro post, la capacità di gestire le proprie emozioni ha un’importanza fondamentale per una corretta gestione dei propri investimenti.

Non dobbiamo pensare però solo ai comportamenti dell’investitore nei mercati borsistici, ma, in un’ottica più ampia, dobbiamo riferirci anche ai comportamenti relativi ad investimenti di tipo diverso (ad es. immobili ed altri oggetti il cui valore è suscettibile di variazione nel tempo; attività autonome e di impresa) comprendendo, più in generale, ogni ambito della nostra vita.

Il discorso ha una valenza amplificata per gli investimenti in borsa in quanto vi sono anche delle trappole che possono essere innescate ad esempio da una notizia tendenziosa a cui il piccolo investitore deve reagire in tempi spesso brevi.

Comunque, la contrapposizione tra quoziente intellettivo ed intelligenza emotiva non deve essere vista come qualcosa di antitetico, bensì come un equilibrio capace di portare una persona a risultati soddisfacenti. E’ sufficiente una discreta intelligenza logico-matematica associata a buone capacità emotive, per raggiungere risultati eccellenti.

Questo in ogni campo di attività.

Infatti, potrete voi stessi confermare che avete incontrato, dopo tanto tempo, compagni di classe o colleghi universitari che ce l’hanno fatta. Vi sarete forse detti: “eppure non era una cima!”.

Ebbene, queste persone hanno messo in gioco se stessi puntando sulle abilità a loro disposizione, compensando carenze di carattere tecnico e conoscitivo (legate ad un quoziente intellettivo non al di sopra della media) con l’esperienza e l’istinto.

Questo è quello che accade molte volte negli investitori di borsa che hanno dedicato molto tempo allo studio delle società e dell’analisi tecnica. Saranno capaci di analizzare i bilanci delle aziende; riescono ad individuare sui grafici un trend o altre figure dell’analisi tecnica; sono capaci di comprendere l’andamento dei cicli economici; riescono anche a spiegare e a far comprendere agli altri concetti strutturati mostrando grande padronanza tecnica e di linguaggio.

Può però succedere che, quando si trovano davanti al monitor pronti ad operare, si insinui nella loro mente una serie di dubbi e di incertezze che fino ad un momento prima non esistevano. Dubbi ed incertezze che li possono condurre a fare operazioni non pianificate ed azzardate, in contrasto con i ragionamenti di tipo logico-cognitivo che avevano fatto fino ad un momento prima.

In altra sede cercheremo di capire in maniera schematica quali sono gli errori tipici dettati dall’emotività nel piccolo investitore. Del resto si è sviluppato un campo di studio, quello della finanza comportamentale, che osserva appunto i comportamenti degli investitori e le motivazioni irrazionali che li spingono a fare un investimento (o un disinvestimento), cercando da un lato di spiegare fenomeni come le bolle e i crolli da panico dei mercati e dall’altro di spiegare come le emozioni e gli errori cognitivi possono influenzare il processo decisionale dell’investitore.

Quello che voglio sottolineare ancora in questa sede è, invece, la circostanza che gli investitori molto spesso sbagliano perché non riescono ad essere consapevoli delle proprie emozioni e pertanto non riescono a gestirle (vedi nel precedente post gli ambiti definiti da Salovey).

In conclusione, con questo non voglio dire che raggiungere l’autoconsapevolezza delle proprie emozioni e cercare di gestirle sia un’opera semplice.

Voglio semplicemente suggerirti che è un’opera “possibile”. Sarà poi la nostra convinzione e la nostra voglia di migliorarci a darci la possibilità di riuscire in quest’opera.

Spero tu comprenda l’importanza di questo argomento in quanto potresti spiegarti tanti episodi della tua vita in cui le tue emozioni o quelle degli altri hanno compromesso un risultato o ne hanno sminuito gli effetti.

Ebbene, tale comprensione potrà aiutarti ad avere consapevolezza di ciò che, dal punto di vista emotivo, ti è successo e potrà esserti d’aiuto nelle future situazioni analoghe in cui ti troverai.

Questo vale ovviamente anche per i tuoi eventuali investimenti in borsa, per i quali sarà normale avere delle perdite e sarà normale compiere degli errori. L’importante sarà non solo analizzare i motivi tecnici che ti hanno procurato l’evento negativo, ma soprattutto comprendere le implicazioni psicologiche che ti hanno spinto a fare un acquisto avventato o una vendita prematura.

Ciao e alla prossima!

mercoledì 1 settembre 2010

Quoziente Intellettivo ed Intelligenza Emotiva.




Tutti avrete sentito parlare dei test che hanno la finalità di misurare il quoziente intellettivo (Qi) di una persona.

Il quoziente intellettivo è un punteggio che esprime le due capacità standard, quella verbale e quella logico-matematica, e che è l’indice dell’intelligenza classica esaltata dal sistema scolastico. Cioè, è quell’intelligenza di cui è semplice constatare la presenza nei risultati del “primo della classe”.

Il fatto che si ottenga un punteggio alto (cioè che tenda a 150 che è il punteggio massimo) può essere dunque motivo di vanto o di soddisfazione personale, anche se non è un punteggio che esprime l’intelligenza complessiva di una persona.

Infatti, non sempre chi è stato il primo della classe è riuscito a realizzare la propria personalità nella società che ha trovato fuori dalle mura scolastiche. Anche se, spesso, si può riscontrare, in chi ha un alto Qi, la tendenza a sviluppare altre capacità che esulano dalle competenze verbali e logico-matematiche (anche se, appunto, non è una regola misurabile).

Così come, chi a scuola era il classico “intelligente ma non studia”, ha spesso visto un’evoluzione esponenziale della sua vita personale e lavorativa.