sabato 26 giugno 2010

Etica-mente: alla ricerca del capitale nascosto.




In un mio precedente post vi avevo presentato l’uscita del libro (un saggio) di un mio collega amico Gaetano che parlava di un nuovo modo di concepire l’azienda e cioè un modo più attento all’uomo e alle relazioni: un modo più etico di fare azienda.

Nel frattempo ho avuto modo di leggere il libro e ho potuto trarre diversi spunti di riflessione.

Il libro traccia un percorso lungo il quale si possono raccogliere una serie di idee interessanti e, l’autore, non cade nel tranello di farsi prendere la mano da un nozionismo aziendale che poteva rendere la lettura più pesante a chi non mastica abitualmente le materie aziendali. Certamente si possono trovare vari spunti volti a schematizzare alcuni concetti e teorizzazioni (come la sua reinterpretazione del modello dei “Quattro Quadranti” di Wilber), ma ciò non impedisce la comprensione del senso generale del saggio.

Il libro nasce dalla scia di un nuovo modo di essere in azienda che da un lato vuole sensibilizzare i portatori di capitale nella valutazione di alcuni “intangibles” che fino ad ora si ritenevano marginali e non fondamentali nella pianificazione aziendale; dall’altro lato però vuole dare agli stessi attori aziendali e cioè al capitale umano, un nuovo modo di porsi e di agire, essendo essi stessi propositivi di questo nuovo modo di concepire la vita produttiva aziendale.

Non voglio di certo sostituirmi a chi come Gaetano sta dando un veicolo a queste istanze nel tentativo di far sentire sempre più forte la voce di un bisogno che nasce quasi come un’esplosione a confermare una naturale evoluzione a cui deve andare incontro l’azienda.

Voglio invece porre l’attenzione sui rischi che in questi casi si possono correre.

Mi riferisco alle possibili strumentalizzazioni nelle quali, la politica economica e le strategie di immagine aziendale, possono far cadere i principi di cui stiamo parlando.

Un po’ come si è fatto per l’ambiente, dove da un lato le multinazionali si fregiavano di certificazioni ambientali e organizzavano eventi per la promozione della tutela della natura, mentre dall’altro continuavano a replicare pratiche e procedure poco ecologiche, spostando quindi gli investimenti non tanto sul miglioramento dell’impatto ambientale e dei processi, quanto sulla pubblicizzazione di quei pochi sforzi che si erano fatti in tal senso. Naturalmente non si può fare di tutta l’erba una fascio, ma i rischi in questa materia, in un tempo in cui per le aziende la massimizzazione dell’utile è ancora un concetto molto radicato, sono tanti e si deve fare giusto discernimento dei messaggi che riceviamo.

Anche nel campo dell’etica (di cui la tutela dell’ambiente può essere considerata una delle tante rappresentazioni) i rischi possono essere gli stessi.

Ed infatti, come sottolinea anche Silvia Vescuso (formatrice e coaching aziendale), “le aziende enunciano valori etici (responsabilità, rispetto, empatia, fiducia...) ma non li applicano, realizzando un'evidente incoerenza tra realtà dichiarata ed effettiva”.

Dal punto di vista macroeconomico si può sottolineare come i grandi cambiamenti devono coinvolgere tutti gli Stati nella strutturazione di organismi nazionali e sovranazionali che devono dettare le linee guida per tracciare la strada maestra. Ma di certo il cambiamento più convinto ed efficace non potrà che venire dal “piccolo”, non potrà che venire dalle fondamenta del sistema economico-politico-sociale del pianeta.

Per cui, è un bene la presenza di Commissioni internazionali come la “Commissione Stiglitz” incaricata di definire la nuova formula di un “benessere pluridimensionale” attraverso argomentazioni che hanno evidenziato tutti i limiti del P.I.L. come misuratore della crescita del benessere dei paesi; si può di certo apprezzare lo sforzo del Il Sole 24 Ore che quest’anno, un po’ per risposta alla provocazione del presidente Sarkozy (con la commissione Stiglitz), ha pubblicato, accanto alla classifica del P.I.L. anche quella del B.I.L. (Benessere Interno Lordo), senza pretesa scientifica, ma con giusto impegno.

Non si deve, però, ridurre a mero computo numerico il delicato argomento in quanto da un lato è difficoltoso identificare con certezza scientifica le variabili che compongono tali indicatori e dall’altro perché è un approccio concettuale che mal si adatta a quello che per natura è incommensurabile e cioè “la ricchezza non materiale dell’uomo” in tutte le sue rappresentazioni viventi.

Tutto sommato però, tali rappresentazioni possono essere un primo tentativo di scardinare l’ideologia dell’utile e della crescita che fa capo al P.I.L. per rivolgersi verso la consapevolezza di un concetto di benessere più ampio.

E così anche in Veneto, un gruppo di lavoro (denominato “Non solo P.I.L.”) composto da esperti Unioncamere, dalla Camera di Commercio di Venezia e dell’Università Ca’ Foscari, ha presentato i primi risultati di una ricerca (1) (entro la fine dell’anno avremo i risultati del primo anno di lavoro) finalizzata a dare una rappresentazione diversa del benessere delle Province italiane.

Come affermano gli autori della ricerca, l’obiettivo non è tanto evidenziare i territori migliori e quelli peggiori, quanto contribuire a generare “un circolo virtuoso di una nuova crescita generalizzata per poter individuare nuovi fattori di competitività”.
Un nuovo concetto di felicità, benessere, qualità e sostenibilità del territorio “che parte dal capitale sociale e umano che le imprese non possono ignorare e può diventare una nuova spinta competitiva”.

Il concetto centrale dunque, in questo momento di incertezza e trasformazione non può che essere l’uomo, non come tassello di un’organizzazione produttiva, ma all’estremo come una scheggia impazzita che con il suo movimento perturbante inneschi movimenti che portino alla ricerca di nuovi equilibri.

Perché per cambiare modo di concepire l’economia e l’azienda non vi è nessuna normativa o linea guida che possa definire i passi da percorrere. E’ l’uomo, che con la sua flessibilità e con il suo riadattamento ai nuovi contesti, deve essere capace di portare le organizzazioni verso un nuovo modo di interpretare il rapporto delle risorse disponibili.

Non certo stravolgendo il “paradigma gerarchico” da un giorno all’altro (seppur questo risulti in crisi, come ci suggerisce Gaetano), ma facendone venir meno le certezze legate ai modi di produzione del risultato aziendale, attraverso l’iniziativa e la presa di responsabilità dei singoli, che non devono mai rassegnarsi a sopravvivere sul posto di lavoro, ma devono sempre avere il coraggio e l’ardire di confrontarsi in maniera propositiva con tutte le “cellule aziendali”, passando per quel “disordine creativo” che può far emergere nuovi risultati. In tal modo la mente delle persone potrà avere la sua trasformazione etica!

In definitiva, se termini come “green economy” e “slow economy” rievocano concetti legati ad uno sviluppo sostenibile dell’umanità, sarà il contributo di ogni singolo individuo che renderà possibile la vera rivoluzione dell’economia e dello sviluppo umano. Solo in tal modo si potrà evitare che un domani, questi termini tanto alla moda, si ricordino come degli slogan di un periodo in cui l’uomo era ancora in tempo per salvaguardare il benessere e la sopravvivenza delle future generazioni…

… di certo non vorremmo ricordarli così, in quanto vorrà dire che l’uomo non ce l’avrà fatta per colpa della sua mania di dominio economico!

(1) La ricerca si basa su otto indicatori che prendono in esame ambiti della vita  quotidiana dei singoli e delle comunità andando al di là del dato meramente economico. Si parla quindi, oltre che del valore aggiunto per abitante, anche della partecipazione alla vita politica (% affluenza alle urne), del livello di istruzione (possesso di diploma), della delinquenza minorile (n. di minorenni denunciati ogni 10.000 ab), della salute (tasso di mortalità infantile), dell’ambiente (emissioni Co2 tonn./abitanti), della solidarietà sociale (donatori di sangue ogni 1.000 ab) e della solidarietà sportiva (indice di sportività).

    4 commenti:

    1. Salve.
      Sono un giovane imprenditore e nella mia piccola azienda ho instaurato un rapporto molto collaborativo con i miei aiutanti.
      La cosa che fa funzionare i rapporti tra di noi non è soltanto il fatto che io coinvolga tutti nelle decisioni, ma la consapevolezza di tutti di avere un ruolo importante per la sopravvivenza del loro lavoro e il riconoscimento del fatto che io possa anche prendere una decisione impopolare. Ciò perchè sanno che la mia visone dell'azienda è più ampia della loro che, invece, sono bravi professionisti del loro mestiere.
      Non è sempre facile trovare un'alchimia simile, ma volevo dire che non è impossibile.
      Saluti e buon lavoro a tutti

      RispondiElimina
    2. Ciao Alberto.
      La tua è una testimonianza molto importante che dimostra che una strada forse esiste.

      Naturalmente, il modo potrà essere diverso a seconda della dimensione dell'azienda, per cui, presumibilmente, al crescere della dimensione e dei reparti ci dovrà essere un diverso modo di far "legare" le diverse cellule aziendali per lo sviluppo di un organismo armonicamente funzionante.

      Rimane, come non mi stancherò mai di ripetere, il ruolo fondamentale che è chiamato a svolgere ogni singolo individuo che deve essere consapevole di ciò.

      Ciao e a presto!

      RispondiElimina
    3. Io credo che si debba tornare e si possa tornare ad investire nell'economia reale, senza l'intermediazione di meccanismi bancari o borsistici.

      RispondiElimina
    4. Effettivamente le due anime, economia reale ed economia finanziaria, dovrebbero essere complementari, ma l'illusione che l'abuso degli investimenti nell'economia finanziaria ha generato, ha provocato danni (anche in termini di mancanza di risorse) per l'economia reale... ovviamente tutti ci auguriamo che la consapevolezza del singolo (innanzitutto) rispetto a questo problema fondamentale, porti piano piano le risorse finanziarie nuovamente verso l'economia reale, per risalire verso quell'equilibrio tra le due anime che oggi sta mancando gravemente!

      RispondiElimina