venerdì 12 novembre 2010

L’individuo da non perdere



Sarà forse un mio limite, ma non comprendo perché ancora c’è la necessità o, comunque, la volontà di farsi rappresentare da qualcosa o da qualcuno. A livello politico, a livello religioso, a livello sociale. Le persone hanno il bisogno di identificarsi dietro un simbolo per sentirsi unite ad altre persone.

Sarò forse ottuso, ma non capisco come le ideologie ed i simboli possano realmente unire le persone. Più si difendono le ideologie e più c’è separazione forte.

Forse c’è qualche aspetto che mi sfugge, ma non riesco a comprendere e pertanto mi sembra assurdo che due persone siano unite dal punto di vista religioso e poi si separino quando si tratti di esprimere concetti politici o azioni sociali.

La personalità non è uguale per nessun individuo. La personalità dell’uomo non può essere classificata in nessuna categoria. Ogni tentativo di raggruppare più persone sotto un simbolo è un tentativo di semplificare le infinite sfaccettature del pensiero umano.

Non perché vi debba essere uniformità di vedute o di pensiero. Non certo voglio riassumere l’infinita molteplicità della natura umana. E’ solo che non riesco a capacitarmi del fatto che molte persone (troppe) non hanno voglia di esprimersi oppure si esprimono attraverso il pensiero di altre persone.

L’aggregazione sociale formalizzata è tanto distorsiva della socialità delle relazioni e le aggregazioni hanno confini troppo marcati le une dalle altre.

Ma l’individuo, che fine ha fatto? Comprendo che l’individuo non è nato per stare da solo, ma perché deve snaturare la propria individualità con una struttura di carattere sociale superiore che, appunto, ne annulla la personalità? Perché le nostre idee devono avvicinarsi ad una o ad un’altra ideologia, per essere comprese o per essere esplicate?

Ho già espresso in un mio precedente post una strada percorribile per far funzionare le relazioni senza dover formalizzare strutture di pensiero o aggregazioni politiche e sociali. Ma vi è bisogno della volontà del singolo individuo.

L’individuo sente il bisogno di aggregarsi con altre persone, ma non dovrebbe creare gruppi che abbiano dei confini; non dovrebbe creare aggregazioni alle quali altre persone non possano partecipare oggi per poi decidere di non partecipare domani, senza essere per ciò giudicate.

Io credo in una socialità che non annulli l’individuo, che non si faccia portatrice di ideali univoci da condividere, che non crei dogmi o regole da rispettare. Ovviamente credo in una socialità che, non annullando l’individuo, faccia si che nessuno possa annullare o adombrare l'altro, quindi una socialità basata sulla comprensione dell’individualità altrui.

Credo in una socialità che annulli il desiderio di avere più degli altri e faccia comprendere l'inutilità del desiderio di avere più di quanto basta; una socialità in cui la moderazione e la capacità di sapere quando è abbastanza sia un naturale sentimento delle persone.

Credo in una società che non renda, i caratteri che ho evidenziato, delle regole, ma che lasci all’individuo la libertà di non avere regole e non avere un credo; lasci all’individuo un fanciullesco senso del nuovo in ogni aspetto della vita.

Una società che per realizzarsi ha, però, bisogno della volontà del singolo dell’individuo!

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